Si fa un gran parlare, almeno online, di downshifting, decluttering, riciclo, minimalismo e compagnia bella.
Bella davvero, perché le idee di base sono molto giuste (o almeno io le trovo così), però…
C’è sempre un però quando uno fa un’intro del genere…
A me non sembra che sia l’illuminazione del secolo.
Lasciate che vi spieghi: sono cresciuta in una famiglia dove le nonne avevano le galline, o i conigli, e comunque l’orto era un must. Il che per me significa che si è sempre usato quello che c’era in casa senza strafare, che il concetto di “spendere” era per qualcosa che servisse davvero e fatto in modo da durare (insomma, meglio mille lire in più ma per qualcosa di valore), che se un calzino era bucato lo si rammendava e se non era rammendabile diventava uno straccio per la polvere… questo genere di cose insomma!
Ciò che mi piace meno però è che a volte mi sembra che a parlar tanto di downshifting siano persone viziatelle e annoiate che, siccome non possono più permettersi di stragiare in lungo e in largo, fanno i fighi adesso dicendo “lavoro meno, guadagno meno, ma oh, sto attento all’ambiente, quindi sono un figo, adesso però scusatemi, devo andare a ritirare il suv all’autolavaggio e passare al centro benessere di famiglia che mi è appena arrivato un sms sia sul blackberry sia sull’iPad”.
Qualcosa non torna e soprattutto mi suona come un insulto a chi tira a campare con 600 euro al mese e una famiglia da mantenere. Lo so, non sono tutti così, per carità e per fortuna, ma questi io proprio non li reggo (ormai per me “Radical Chic” include tutto questo genere di persone). Insieme ai prodotti “verdi” che solo in quanto tali si permettono di chiedere cifre astronomiche (sì sì facciamo tutto bio perché ci teniamo alla salute… però se sei un pezzente vai a comprare le zucchine del discount a mezzo centesimo al chilo…).
Insomma, l’altra volta parlavo di incongruenze e del fatto che io stia iniziando ad accettare che certe cose sono così e basta… “iniziando” è la parola chiave XD
PS
Breve disclaimer: come mio solito io esaspero nello scrivere, per rendere meglio l’idea, se vi va parliamone (il bio ha costi e tempi di produzione diversa blablabla sìsìsì lo so!), ma se vi ho infastidito troppo fate un paio di domande alla vostra coscienza, su incongruenze varie, code e paglia…
Non parliamo poi di quelli che vivono in città (di solito in zone belle) e mi attaccano la sviolinata del “tu sei fortunata perché abiti nella cascina in culo ai lupi”. Vediamo alla prossima nevicata o nebbia, poi ne parliamo!
PS: ché poi capace pure che mi guardino male perché mi faccio portare la biocesta invece di fare l’orto. Avete mai provato a fare l’orto in una zona infestata di zanzare e tafani? No, voglio dire: se voglio perdere così tanto sangue vado all’Avis, almeno faccio del bene e non mi resta il prurito!
Ok, ci sono riuscita: ci siamo capiti! yeah!
Fra l’altro ho sentito in tv l’altro giorno la mia nuova definizione (insulto) preferita per sto caso: “eco chic” -.-
Io sono una cittadina e l’orto l’ho visto solo dal mio nonno in montagna, ero abituata a trovare l’insalata in busta nel frigorifero e le galline non le ho mai avute.
Certo i propositi di decrescita non sono una novità assoluta (che cosa lo è, al mondo?), ma lo sono in relazione all’andamento dell’economia e alla diffusione di un’idea di benessere intrinsecamente connessa al consumo eccessivo, allo spendere e in definitiva al soldo.
Di ogni cosa esiste il versante positivo e quello di chi prende ogni cosa come una moda. A me sembra comunque che sia cambiato il vento e questo mi rallegra, a prescindere dalla moda o meno. Anzi, magari una volta si diffonde una moda sensata!
Per il resto, Cristina, l’insulto è buttare via il cibo, buttare via le cose ancora nuove, non voler comprare quello più sano. Io compro bio e certo non compro al prezzo del supermercato nè del discount; compro da produttori locali che non possono permettersi prezzi stracciati da economie di scala, non compro più i vestiti al mercato perchè so che dietro c’è lo sfruttamento dei lavoratori cinesi e ho imparato ad insospettirmi quando un prezzo è troppo basso perchè vuol dire che da qualche parte nella filiera qualcuno si sta affamando.
Chiaro che se dovessi mantenere dei figli, dovrei rivedere il mio modo di gestire le spese, non potrei permettermi certo l’analisi che si mangia più della metà del mio stipendio, non potrei permettermi di uscire a cena quella volta che mi va. Mi sembra piuttosto evidente.
Penso che ognuno abbia diritto alle proprie scelte e alle proprie priorità: c’è chi ha la priorità di spendere meno, c’è chi può permettersi di scegliere in base alla qualità invece che al prezzo. E’ giusto? No di certo, come non è giusto che al mondo ci siano persone che nuotano nell’oro e persone che non riescono a mangiare tutti i giorni. Ma non è qualcosa che dipende da me direttamente e per la quale posso combattere. Posso solo fare le scelte più etiche nella mia piccola vita (cercando soprattutto di pensare prima di agire e di fare un bilancio di costi/benefici) e credere che sono le piccole scelte etiche di ciascuno, anche fatte per caso (uno col suv dell’ambiente se ne fotte, garantito), a cambiare realmente il mondo.
Questo è come la mia coscienza la vede
(uno col suv dell’ambiente se ne fotte, garantito),
Ecco, appunto! Parlo di quelli che se ne fottono a fatti e si fanno grandi a parole 😉
Sì, ma non capisco: sono i fatti a qualificare una persona, non le parole. Se uno col suv mi dice di essere un ambientalista, io mi ci faccio una risata!
Questo è un post che classificherei come DOVEROSO. Credo, tra l’altro, non sia necessario neanche commentare ulteriormente, ho pensato a cosa scrivere su questo commento ma alla fine mi sono reso conto che sono d’accordo su tutta la linea e sottoscrivo ogni singola parola. Cerchiamo di farci tutti un esame di coscienza prima di proclamarci amici dell’ambiente e amanti del bio, perchè, giusto per fare un esempio, mio padre è un pensionato agricoltore che riesce a prendere quattro soldi in più rispetto alla pensione da statale SOLO perchè si spacca la schiena nel lavoro in campagna. Produce ovviamente solo “bio”, ma nessuno (dico NESSUNO) gli paga i prodotti della sua terra a peso d’oro…c’è CHIARAMENTE qualcosa che non quadra nel mercato del “bio” a prezzi che sembra abbiano scritto sopra “Prada” o “LV”…bisogna parlare avendo il quadro completo e soprattutto consocendo ogni lato della medaglia, non solo quello che ci piace di più e con il quale ci mettiamo a posto la coscienza.
Boh io i prezzi bio da LV non li ho mai visti, francamente.
Il punto è che, allora, a guardare tutto il quadro, se compro al Carrefour sostengo davvero il gruppo del Signor Vuitton e sostengo un’impresa il cui operato e la cui comunicazione sulle politiche sociali non sono stati valutati come molto chiari. Se compro le banane non eque e solidali, sostengo delle imprese che sfruttano le monocolture dei paesi cosiddetti in via di sviluppo. Se compro all’Esselunga, arricchisco i distributori a svantaggio dei produttori e pago dei soldi ad un’azienda che non si comporta in modo corretto con i propri dipendenti.
Le variabili del quadro sono tante.
Quello che intendevo dire è che, a parte le persone che, appunto, hanno il suv e si proclamano ambientaliste, che evidentemente non hanno molta coscienza nè di quello che fanno nè di quello che dicono, gli altri, probabilmente, a giudicare insomma da quello che succede a me, fanno un percorso di consapevolezza, che può essere fatto anche di sbagli e correzioni, come è naturale che sia, ma che è meritevole per il fatto stesso di esistere, cioè per il fatto stesso che ci si ponga il problema e se ne cerchino, magari prendendo vie traverse, le soluzioni.
Preferisco le discussioni costruttive, gli articoli di informazione, la proposta di un punto di vista positivo e arricchente.
Voilà.
Qui ormai si esula dai fini di questo post (che voleva essere uno sfogo e un “purtroppo c’è gente che dice cose diverse da quelle che fa e così facendo rovina un po’ quelle che sono idee belle e assolutamente condivisibili”), ci sarebbe da mettersi a discutere di marketing, battage pubblicitario, speculazioni, certificazioni… insomma, non che non si possa fare, ma decisamente fuori dalla portata di questo post
This is really thought provoking, you strike a cord about HOW damn expensive ‘green’ products are, when for example so many eco cleaning products are ridiculously costly but eco-cleaning with white vinegar and lemons kick ass for pennies. Perhaps ‘downsizing’ for the moment is merely the latest in along line of fashionable trends, and with that comes with a lot of nonsense that actually distances such trends from their original purpose. Thanks for such a great post!
Glad you liked it!!!
That was my point: it can be so beautifully simple (without engaging in marketing-related-stuff) and helpful (and I also think “right” when it comes to ecology&co)!
il tuo post mi ha fatto pensare a mia madre. Lei non si è mai definita ambientalista nè tantomeno sa cosa sia la decrescita felice. Di economia non capisce niente e non ha mai avuto i soldi in banca, solo alle poste come buoni fruttiferi. Ti assicuro che in casa mia viene tutto riciclato e usato fino allo sfinimento. Le auto per esempio sono state sostituite solo quando si sono fermate stremate in mezzo alla strada senza più speranza di ripartire, tranne ovviamente la mitica 500 che ancora ha il suo posticino in garage. Sai perchè succede tutto questo a casa mia? perchè mia madre è stata povera, ma di quella povertà vera vera che ti segna, quella che non ti permette di comprarti i libri su cui studiare o di avere più di una gonna nell’armadio (non esagero). Se a mia madre parli di eco chic ti guarda strano e ti dice di spegnere subito la luce che ci si vede benissimo anche così! Non ti nego che è difficile vivere con una persona del genere perchè ha privato me di tante cose anche se non sarebbe stato necessario. Ora però prendo il buono dei suoi insegnamenti e ne faccio tesoro.
Buona settimana
Daniela
Mi sa che le mie nonne erano della stessa pasta di tua madre 😉