img
Internet è bello perchè ci trovi di tutto, ma proprio di tutto.
Anche il ventenne che si definisce life coach, anche la quindicenne che scrive di sé “fotografa, stilista, scrittrice”.
E ti viene da pensare: ma che ne sanno loro?
Però a me viene anche da pensare altro, se posso farmi un complimento è che ho imparato a imparare da qualsiasi evento, situazione o cosa.
E quindi anche se sì, l’impatto iniziale può lasciarti un po’ basito, sono arrivata alla conclusione che darsi da sé una definizione non sia poi tanto male. Merito anche di un libro che mi ha prestato il mio insegnante di canto “The rock and roll singer’s survival manual” di Mark Baxter(ottimo libro!), c’è stata una cosa che mi ha colpito più di tutte: puoi dire di te stesso di essere qualcuno che fa un certo lavoro e ogni tanto canta, e puoi dire di te stesso di essere un cantante che si mantiene facendo un certo lavoro.
La cosa fa effettivamente la differenza, l’enorme differenza. Perchè nel momento in cui vi guardate allo specchio e vi dite “Io sono X” (un astronauta, un cantante, un sognatore, un puffo) allora dovete anche prendervi certe responsabilità.
Se poi lo scrivete anche su internet, alla portata di mezzo mondo, allora avete ulteriori responsabilità, ma prima di occuparci di quello che potrebbero pensare gli altri stiamo sulle prime responsabilità che sorgono. Dirsi di essere qualcosa funziona come promemoria di un obiettivo, serve a tenersi motivati, a comportarsi e agire in un certo modo per andare in una certa direzione per arrivare a un certo obiettivo.
Continuando con l’esempio del libro un cantante deve ricordarsi sempre che ovunque vada e qualsiasi cosa faccia ha il suo strumento con sé… come se un chitarrista andasse a prendere il bus tutte le mattine, che ci siano 40 gradi all’ombra o una pioggia gelida, e la sua bella chitarrina ce l’ha in spalla, senza custodia, e poi sale sul bus e tutti la prendono a spintoni… Iniziate a farvi un’immagine mentale di quello che significa darsi una definizione e vivere all’altezza di quegli standard? Passiamo alle responsabilità che avete con gli altri. Se scriveste di essere fotografi allora dovreste impegnarvi quotidianamente a fare foto, a risparmiare soldi per permettervi nuove ottiche, a imparare trucchetti di fotoritocco, a tenere aggiornato e pubblicizzato il vostro account di foto. Nessuno verrà a tirarvi le caviglie di notte se poi cambiate idea, basta non fare come la volpe e l’uva, basta che vi impegniate seriamente per non fare, come si dice dalle mie parti, la figura del cioccolataio. Il livello di impegno e la chiarezza di un obiettivo che dà l’autodefinirsi sono quello che secondo me rende la cosa degna di pratica.
E poi, non c’è bisogno di dirsi tutti pittori e astronauti, se non è la cosa che vi interessa. Funziona un po’ come per la “stage persona” di cui parlavo la volta scorsa!
Potreste anche coniare definizioni tutte vostre.
Anima della Cucina? Perché no! Sarta gotico-psichedelica? Evvai! Folletto delle sinapsi? Se per voi significa qualcosa, accomodatevi! Io devo ancora trovare la mia, ma voi? Come vi definireste?
So true! Great post, Eurofilla!
I think a defining moment for me was when I had to fill out a customs card in New Zealand airport earlier this year, and for the first time, I was able to answer 'writer' for my occupation – it was exciting because while I've always been writing, it'd never been my paid occupation before then, so it was a wonderful, strange moment
I agree, awesome post! The only worry I have had about giving myself a title is that others will trust me too soon…
But after reading what you say, maybe that worry is only true if I say I am something and then make no effort to be it!
http://www.joannefaith.com
Thank you both!
And yes, that's the point: is almost like deciding what you wanto to be/to do when "you grow up".
And after deciding, and committing, if you also achieve it's a big reward!