Trovai la piccola porta spalancata, quasi divelta dai cardini, quell’occhio aperto su un mondo mi mostrava quel che rimaneva della stanza di Amelie: l’imbottitura dei muri era stata sbrindellata, come se un gatto troppo grosso avesse voluto rifarsi le unghie… i volti monoespressivi delle bambole di porcellana erano stati fatti a pezzi, ognuno con una singola, precisa, chirurgica martellata, i cocci crocchiavano sotto i piedi, mentre bioccoli di lanetta mi si infilavano negli occhi, nel naso, in bocca.
Procedevo a stento, per paura di ferirmi e per paura di fare ancora più danno. Le bolle di sapone erano tutte esplose, così i globi di vetro con la neve… acquetta e neve sintetica ovunque
Non c’era più traccia di Amelie, era scappata, era fuggita… con quale violenza stava crescendo la mia piccola protetta?
***
qualche giorno dopo la rividi, aveva raccolto i lunghi capelli in una coda alta, aveva tolto il suo vecchio e lacero vestito da sposa tinto di nero, ora indossava un lungo abito da sera verde.
“Serviranno delle finestre qui” disse, dispegando orgogliosa le sue piccole ali trasparenti, “sì, serviranno tante finestre”