Galeotte furono le pantofole lapponi.
Voi non lo sapete, ma era così che avrei voluto iniziare il blog l’anno scorso… parlando delle pantofole tipo scarponcino che mio fratello mi aveva regalato per natale. Brutte, bruttissime… ma incredibilmente morbide e calde. Cosa che, considerati i -10° che abbiamo toccato, mi ha definitivamente spinta a comperare in saldo un paio di quegli orribili stivali da badante… e necessari skinny e leggings da infilarci dentro.
Altra cosa che non sapete è che in quella frase sono concentrate le due cose che non sopportavo: stivali da badante e leggings infilati dentro. Ma il freddo è venuto a riscuotere il suo pagamento e mi sono dovuta adattare, trovando dei modi che mi piacessero per conciarmi adattandomi al freddo.
Anche perché diciamocelo, la gente cambia… non avessi mai cambiato gusti adesso avrei ancora maryjane di vernice rossa e gonne a ruota… oddio, le maryjane ancora mi piacciono, e le gonne a ruota pure… ma nel mezzo ho passato un po’ di fasi!
“Se vuoi sceglierti cosa metterti allora impari a vestirti da sola”. A tre anni mi vestivo da sola, mia madre avrebbe solo dovuto dirmelo prima! Altro che gonne a palloncino nere e oro (ah, terribili anni ottanta!) con cui poi non potevo correre e saltare come mio fratello perché “attenta che ti sporchi!”
Poi ho passato la fase: solo vestiti smessi dal fratellone. E tute. Quelle cose oscene di acetato, avete presente? Sì… lo so… Avevo pure i capelli cortissimi. E quando un giorno, in Francia, una bimbetta coi boccoli biondi mi ha detto “Excusez-moi monsieur” ho deciso che qualcosa andava cambiato.
Capelli un po’ più lunghi, gruppi di punk italiano nel walkman, doc gialle con pantaloni di velluto a coste viola e felpa rossa. E un grandissimo “e chissenefrega” stampato in faccia. E come dimenticare una scarpa blu e una bordeaux (quella blu era della mia amica, lei ovviamente aveva la mia bordeaux) o le camicie da boscaiolo?
Fase daVkettona, la quantità di nero nel mio armadio (a parte il piccolo periodo giallo, manco fossi Picasso) era triplicata, celebre la frase di mia madre “Sembra l’armadio di una vedova”, tanto di rossetto nero per andare in pizzeria… e maglia di velluto bianco per andare nei locali. Mi piaceva distinguermi.
Fase molto hippy, più del solito, diciamo che una certa inclinazione alla figlia dei fiori c’è sempre stata, ma qui ha raggiunto l’estremo: IO con camicettine di cotone bianco e fiorellini azzurri (azzurro? Io? gli ormoni adolescenziali ti friggono davvero ilcervello!).
Poi mi sono stabilita su un tranquillo jeans e maglietta.
Il punto è che ormai, complici gli ultimi due drastici cambi di stagione (nell’armadio c’è l’eco, ma il resto è roba che metto allo stremo) e l’abbigliamento da ufficio, quando mi vesto mi trovo di una noia insopportabile. Potrei chiosare e dire che è un riflesso della mia pulsione creativa, che negli ultimi anni ha avuto encefalogramma piatto e ora pian piano si sta risvegliando dal coma, ma ho davvero voglia, almeno quando posso, di avere qualcosa di più interessante da mettere.
Tutta questa pappardella per farvi capire con chi avete a che fare, e che non esprimerò giudizi, non vi dirò cosa dovete o non dovete mettere, ma anzi, che ho intenzione di trattare l’argomento con tutta la frivolezza e la serietà che richiede, perché è come stare imbarcandosi per una nuova avventura e aver bisogno di compagnia per condividere l’esperienza!
Quindi in questo fantastico corso semiserio avremo lezioni di: teoria del colore, tipi di tessuti, tagli per quali tipi di fisico, come prendere ispirazione, come definire un proprio stile, accessori questi sconosciuti, trucco e parrucco, consigli vintage, età e appropriatezza (ma anche epoca e appropriatezza) e infine consigli pratici di cucito &co.
Voi non lo sapete, ma era così che avrei voluto iniziare il blog l’anno scorso… parlando delle pantofole tipo scarponcino che mio fratello mi aveva regalato per natale. Brutte, bruttissime… ma incredibilmente morbide e calde. Cosa che, considerati i -10° che abbiamo toccato, mi ha definitivamente spinta a comperare in saldo un paio di quegli orribili stivali da badante… e necessari skinny e leggings da infilarci dentro.
Altra cosa che non sapete è che in quella frase sono concentrate le due cose che non sopportavo: stivali da badante e leggings infilati dentro. Ma il freddo è venuto a riscuotere il suo pagamento e mi sono dovuta adattare, trovando dei modi che mi piacessero per conciarmi adattandomi al freddo.
Anche perché diciamocelo, la gente cambia… non avessi mai cambiato gusti adesso avrei ancora maryjane di vernice rossa e gonne a ruota… oddio, le maryjane ancora mi piacciono, e le gonne a ruota pure… ma nel mezzo ho passato un po’ di fasi!
“Se vuoi sceglierti cosa metterti allora impari a vestirti da sola”. A tre anni mi vestivo da sola, mia madre avrebbe solo dovuto dirmelo prima! Altro che gonne a palloncino nere e oro (ah, terribili anni ottanta!) con cui poi non potevo correre e saltare come mio fratello perché “attenta che ti sporchi!”
Poi ho passato la fase: solo vestiti smessi dal fratellone. E tute. Quelle cose oscene di acetato, avete presente? Sì… lo so… Avevo pure i capelli cortissimi. E quando un giorno, in Francia, una bimbetta coi boccoli biondi mi ha detto “Excusez-moi monsieur” ho deciso che qualcosa andava cambiato.
Capelli un po’ più lunghi, gruppi di punk italiano nel walkman, doc gialle con pantaloni di velluto a coste viola e felpa rossa. E un grandissimo “e chissenefrega” stampato in faccia. E come dimenticare una scarpa blu e una bordeaux (quella blu era della mia amica, lei ovviamente aveva la mia bordeaux) o le camicie da boscaiolo?
Fase daVkettona, la quantità di nero nel mio armadio (a parte il piccolo periodo giallo, manco fossi Picasso) era triplicata, celebre la frase di mia madre “Sembra l’armadio di una vedova”, tanto di rossetto nero per andare in pizzeria… e maglia di velluto bianco per andare nei locali. Mi piaceva distinguermi.
Fase molto hippy, più del solito, diciamo che una certa inclinazione alla figlia dei fiori c’è sempre stata, ma qui ha raggiunto l’estremo: IO con camicettine di cotone bianco e fiorellini azzurri (azzurro? Io? gli ormoni adolescenziali ti friggono davvero ilcervello!).
Poi mi sono stabilita su un tranquillo jeans e maglietta.
Il punto è che ormai, complici gli ultimi due drastici cambi di stagione (nell’armadio c’è l’eco, ma il resto è roba che metto allo stremo) e l’abbigliamento da ufficio, quando mi vesto mi trovo di una noia insopportabile. Potrei chiosare e dire che è un riflesso della mia pulsione creativa, che negli ultimi anni ha avuto encefalogramma piatto e ora pian piano si sta risvegliando dal coma, ma ho davvero voglia, almeno quando posso, di avere qualcosa di più interessante da mettere.
Tutta questa pappardella per farvi capire con chi avete a che fare, e che non esprimerò giudizi, non vi dirò cosa dovete o non dovete mettere, ma anzi, che ho intenzione di trattare l’argomento con tutta la frivolezza e la serietà che richiede, perché è come stare imbarcandosi per una nuova avventura e aver bisogno di compagnia per condividere l’esperienza!
Quindi in questo fantastico corso semiserio avremo lezioni di: teoria del colore, tipi di tessuti, tagli per quali tipi di fisico, come prendere ispirazione, come definire un proprio stile, accessori questi sconosciuti, trucco e parrucco, consigli vintage, età e appropriatezza (ma anche epoca e appropriatezza) e infine consigli pratici di cucito &co.
Spero vi piacciano!!!