Vi capita mai di fermarvi a pensare a quello che avrebbe potuto essere? Giocare a volte al giochino dell’ “e se”?
Il primo punto di volta è stato quando ho scelto il liceo, ma se mi impegno scommetto di poter andare anche più indietro…
Certo la storia non si fa con i “se” però a volte, magari perché incrocio per strada la mia vecchia prof di italiano e latino, o per mille altri motivi, mi perdo a fantasticare.
E chi ha coniato l’espressione “prendere strade diverse” non poteva avere più ragione, a volte mi sembra davvero di stare su quelle highways americane, dove si incrociano e si inarcano almeno otto carreggiate e tu vedi quelle che ti corrono parallele e quelle sopra o sotto o lontane lontane e pensi “avrei potuto essere là”.
Perché non è tanto con le persone che “si perdono per strada” (di nuovo le strade), cosa a volte più che naturale, a volte meno (c’è sempre chi vorrebbe tenere tutto sotto controllo o chi ha bisogno di tagli netti per sentirsi bene, o semplicemente non accetta che, se le strade si dividono, è perché tutte le persone coinvolte han guardato dove andavano da sole lasciando perdere gli altri), sono piuttosto le strade che io stessa non ho preso.
A volte da mangiarmi le mani fino ai gomiti, altre semplicemente un chissà.
Per esempio, se quel giorno non avessi mandato quell’email, o acceso Skype, magari sarei ancora a Montpellier e da lì sarei diventata una globetrotter inarrestabile.
Oppure se quel giorno fossi stata zitta, o avessi dato una risposta diversa, adesso sarei una rampante donna in carriera che porta tacchi super ticchettanti.
O magari sarei stata stirata da un Tir… ma queste sono più che altro riflessioni che mi vengono quando devo attraversare la strada e c’è una jungla anche sulle strisce pedonali… e ogni volta la reazione è la stessa: Colcavolo! Mi piace vivere, mi piace la mia vita, ho ancora un sacco di cose da fare.
Ed è così per tutti, sì, purtroppo a volte mi terrorizzo da sola a pensare a quando qualcuno non ci sarà più.
A volte invece guardo una barbetta (una a caso 😉 ) con qualche peletto bianco, e immagino come sarà quando sarà tuuuutta bianca, se ci sarà ancora. Oppure guardo l’angolo del camino, dove stavo una volta col vestitino rosa, dove c’è la prima foto del primo natale mitologico, dove la gatta perde peli e dove ci saranno mille altre memorie.
Ed è in questi momenti che tutti gli “e se” vanno a farsi benedire, perché alla fine sto bene dove sto, a prescindere da tutti e da tutto il resto. Sto molto bene
che tenera!
Disse Babbo Doc.B. 😛
Aggiungerò un altro pezzettino:
“E poi ci sono quelle persone che le vedi da lontano, no? Stanno su altre strade, e una volta le conoscevi, ma adesso non le conosci più, alcune dallo sterrato sono passate all’asfaltato o viceversa, e le vedi contente e anche se a stento le riconosci sei contenta per loro. Altre le vedi che continuano a girare sempre nella stessa rotonda e non sanno mai quale uscita prendere…”
E’ una riflessione che mi attanaglia sin da bambina…
“Attanagliare” mi sembra un po’ eccessivo, cioè, come se avessi veramente degli enormi rimpianti…
Invece per me non è così, ogni tanto mi chiedo “e se”, ma alla fine della fiera non ho rimpianti
No, rimpianti no, ma il gioco del “se fosse” puo’ essere crudele