Ormai una decina di anni fa mi sono -metaforicamente- spaccata la testa più volte pensando e ripensando a quelle che io stessa chiamavo le “incongruenze”.
"Non sarò perfetta, ma parti di me sono parecchio fantastiche"
Non sopportavo l’idea di persone che potessero dire una cosa e farne un’altra, l’ipocrisia (ed era molto semplice per me che qualcosa lo fosse) era un peccato mortale, tutto doveva essere o bianco o nero e la cosa che mi uccideva di più di tutte era che io non riuscissi a capire da che parte stavo né dove volevo essere né come fare per esserlo.
Col senno di poi è facile dire “fase di crescita, periodo adolescenziale che deriva direttamente da una visione del mondo molto bambina dove ci sono i buoni che sono bravi e belli e i cattivi che sono brutti e malvagi”. Certo.
Però solo ora sto iniziando ad accettare le cose così come sono, le persone con tutte le loro incongruenze (i ritardatari che si lamentano di chi è in ritardo, i vegani con la borsa di cuoio, i radical chic -perdonatemi, ma ultimamente sto usando questo termine per qualsiasi cosa, compresi i più grandi incongruenti, trovo che si applichi davvero molto!-, i grandi reazionari politici pronti a far discorsi alle masse che poi però lavorano per una multinazionale, e chi più ne ha più ne metta) e soprattutto sto imparando ad accettare me stessa con le mie incongruenze.
Insomma, a volte un po’ a spintoni a volte facendo un po’ cantuccio, sto trovando una dimensione in cui mi sento a mio agio.
Anche perché poi viviamo in un mondo dove consumiamo amuchina a litri e crediamo che un pezzo di carta igienica sull’asse dell’ufficio sia sufficiente, dove ci dicono di mangiare soia che fa bene e poi che le piantagioni di soia stanno deforestando l’Amazzonia, dove ci dicono che la caffeina fa male ma che per decaffeinare il caffè usano roba radioattiva (beh, poco ci manca), dove dovremmo avere giornate di 29 ore solo per bere tutti gli yogurt e tè verdi e mangiare tutte le razioni di frutta, verdura e cibo e colore che ci dicono di ingurgitare (e poi passare metà giornata in bagno ad espellerle), dove uno sta attento a fare la differenziata e poi i camion buttano tutto assieme solo perché non si sa chi ha pagato quale tassa, dove a noi fanno mettere le lampadine a basso consumo per non inquinare poi circolano ancora mezzi pubblici del ’57, dove ci sfondiamo le tasche per l’agricoltura biologica e nel campo a far la mietitura c’è un trattore che più lercio e cancerogeno non si può, dove ti impongono temperature glaciali in casa o i blocchi delle auto e poi i negozi hanno le porte spalancate a dicembre coi getti caldi che arrivano fino in fondo al marciapiede…
Non credo che troverò mai un senso per tutte quante, ma sto accettando il fatto che un senso non ci sia.
“anche se tante coseeee un senso non ce l’ haaaaaaaaaaa”!
Ah, gli amici… scrivi una spataffiata profonda e riflessiva e loro ti citano Vasco…
No aspetta… hai citato Vasco sul mio blog??? Potrei disconoscerti, donna! U_U
accidenti Euforilla…mi hai dato uno spunto per pensare. Io ho 31 anni e la fase adolescenziale l’ho passata da un pezzo, eppure le incongruenze ancora mi fanno acido, comprese le mie ovviamente, anzi soprattutto le mie. Sono d’accordo sul fatto che accettarle renda meno nevrotici. Però santo cielo! il trattore lercio e cancerogeno sul cereale biologico no dai! : DD
Un saluto
Daniela
Ho la tendenza ad esasperare un po’ i miei esempi, sorry XD però non così tanto: è fin troppo vero che ci sono campi a coltivazione biologica appiccicati a campi a coltivazione “classica” e quindi dove sta il biologico se quelli di fianco spruzzano pesticidi a tutto spiano?
Comunque anche a me ancora fanno acido, ma almeno riesco a passarci sopra, prima proprio no!